Torri e antenne sempre più intelligenti nel futuro di INWIT
In un articolo su Affari & Finanza Ferigo spiega il nuovo Piano industriale.
In un articolo su Affari & Finanza Ferigo spiega il nuovo Piano industriale
L’amministratore delegato Giovanni Ferigo, in un articolo di Affari & Finanza – inserto economico de La Repubblica – a firma di Stefano Carli ha delineato il futuro di sviluppo di INWIT anche alla luce del nuovo Piano Industriale approvato nei giorni scorsi dal Consiglio di Amministrazione della società.
Un futuro che nella sua prospettiva vede tra le altre innovazioni le torri trasformarsi in piattaforme di atterraggio e decollo di droni. Questa applicazione è già in fase di studio, anche se non rientra ancora tra gli obiettivi del piano industriale triennale al 2023 che l’ad Giovanni Ferigo ha presentato nei giorni scorsi al mercato.
Un piano che vede rosa nel triennio, con una crescita media annua intorno all’8% di ricavi e margini, ma che inizia anche a porre le basi per il periodo successivo. I prossimi anni sono infatti quelli in cui si dispiegherà al massimo la domanda dalle telco per le nuove reti wireless- spiega Ferigo – non solo per il 5G, ma anche per il Fwa, l’accesso radio all’ultimo miglio, dove registriamo una domanda in crescita da tutti gli operatori. Oltre a Tim e Vodafone, specializzati in questo tipo di accesso, come Linkem ed Eolo, e anche da Open Fiber, soprattutto nelle aree bianche.
Ma questa domanda proprio perché in prossimità del picco, inizierà successivamente a calare e per questo è necessario guardare al dopo. Questo dopo è già iniziato e oggi si chiama Small Cell e Das, ossia Distributed Antenna Systems Access Systems. Sono due tecnologie, la seconda più nuova e innovativa, che permettono di gestire il segnale della telefonia mobile in aree esterne molto affollate, tipo stadi, fiere, o in aree indoor dove le nuove frequenze a bassissima latenza non riescono ad entrare. Il piano di Inwit è quindi il progetto di una svolta verso torri sempre più intelligenti.
Oggi la società è in fase di cambiamento. Con l’arrivo degli asset di Vodafone la “vecchia” Inwit targata solo Tim è di fatto raddoppiata e questo ha richiesto mesi di aggiustamenti per calibrarla sulle nuove esigenze. A parità di perimetro proforma i ricavi del terzo trimestre sono cresciuti del 2% sull’anno prima e dell’1% sul secondo quarto. Dovendo ancora chiudere un intero anno della nuova gestione, i ricavi 2020 sono stimati pro forma sui 750 milioni, ma già si traguardano i 790 del prossimo anno. Il margine EBITDA resterà, nelle previsioni, sul 91%. I debiti sono nominalmente alti, 3,8 miliardi, anche se in calo dai 4 del secondo trimestre.
Ma per una società di infrastrutture come noi – spiega Ferigo – il benchmark di riferimento del mercato è di 6 volte l’EBITDA, e noi siamo al 5,5, con obiettivo a fine piano di arrivare al 4,6. E abbiamo una forte generazione di cassa sufficiente a finanziare la remunerazione degli azionisti con 900 milioni nei tre anni, e altri 600 milioni da investire. Cento in manutenzione, gli altri 500 in investimenti perla realizzazione di nuovi siti e per lo sviluppo di Small Cell e Das, continuando a conquistare ulteriori contratti.
Il settore delle tower company si sta evolvendo e Inwit ne è la prova: non si occupa più solo di un business di facility management individuando e gestendo siti, costruendo tralicci, fornendoli di energia e sicurezza, ma inizia ad occuparsi in senso più ampio di distribuzione dei segnali.
Le nostre Small Cell e Das – continua Ferigo – si trovano oggi in hotel, come il Bristol Bernini di Roma o quelli del gruppo Ferragamo, nello stadio di Udine, in università come la Luiss di Roma e la Federico II di Napoli, a Roma nel museo MAXXI, nelle grandi Stazioni FS, nelle “torri” di Milano e in molti ospedali. Tanto che il gruppo, da monocliente che era, ha dovuto dotarsi di una rete di vendita. A fine piano ci sarà poi un “tesoretto” di circa un miliardo per finanziare la successiva crescita. E forse si inizierà pure a parlare di estero.